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È stato presentato presso la Fondazione De Martino – V Municipalità Vomero Arenella, il romanzo “La tenuta dei melograni”, ultima fatica letteraria di Vincenza D’Esculapio edita da Homo Scrivens.

Con l’autrice, erano presenti la scrittrice Chiara Tortorelli e la professoressa Ersilia Di Palo. Dopo i saluti, di Clementina Cozzolino, Presidente della V Municipalità e della consigliera Cinzia De Giudici, Ersilia di Palo ha trascinato il pubblico nel vivo dell’opera, leggendo uno dei brani più emblematici di questo libro, sontuoso ritratto di un’epoca ricca di contrasti e di tumulti, di sogni e di speranze.

La presentazione rientra nella rassegna “I mercoledì culturali” dalla Eip – Italia Scuola Strumento di pace che si pone come obiettivo la divulgazione della cultura in tutte le sue forme. Scorrendo le pagine, l’impatto visivo sostenuto da descrizioni storiche ineccepibili non potrà non stupire e ammaliare i lettori. Ne deriva quasi un’esperienza immersiva in un quadro di di Boldini o di Brazille.

“Palermo in quel 1827 regalava ancora un autunno dal calore e dai colori estivi. Nella bella casa del cavalier Alfonso Locascio, tenente colonello del regio esercito borbonico, d’improvviso un urlo squarciò il silenzio. La giovane moglie Teresa dava alla luce una bambina. Per l’insolita bellezza della creaturina fu scelto per lei un nome da sovrana, Ginevra.”

Inizia così “La tenuta dei melograni”, romanzo di struggenti passioni che regala uno spaccato socio-culturale rigoroso e racconta magistralmente una storia che si dipana tra le pieghe di un passato che non vuole riposare in pace, arrivando fino al 1956. In una Napoli imbiancata dalla grande nevicata di quell’anno, così ben immortalata dalla compianta, amatissima, Mia Martini, la protagonista, Brigida Chiaramonte, duchessa D’Acquaviva, ripercorre le vicissitudini della sua nobile famiglia, fra segreti, lutti e amori impetuosi.

Filo rosso di questi episodi la forza indomita delle donne, la loro capacità di reinventarsi e di scoprirsi ogni volta.

Dopo “La torre d’avorio” e “L’ultimo sposatore”, con “La tenuta dei melograni” Enza D’Esculapio torna a incantarci con il fascino delle sue storie senza tempo.

Il melograno, che racchiude un succo dolcissimo nonostante l’asperità esteriore, diventa la metafora di un percorso al femminile, fatto di continue rinascite.  E di debiti che si contraggono con il destino, con un riferimento anche alla Massoneria e ai suoi simboli.

Il testo si sviluppa come una tragedia in due atti. E al centro loro, Ginevra e Brigida, madre e figlia, due donne che dovranno lottare e compiere scelte dolorosissime per riaffermare loro stesse e per permettere alle donne che verranno di seminare la speranza. Un messaggio che oggi più che mai è attuale.

Con uno stile avvincente e immediato, la scrittrice rende facile ed immediata la comprensione di alcune tra le pagine più emblematiche del nostro Mezzogiorno. Ma “La tenuta dei melograni” è soprattutto la storia di un tradimento, di un amore che non viene ricompensato, della lotta di donne comuni ma al contempo straordinarie per l’emancipazione, malgrado l’ineluttabilità di quel destino che gli antichi ben conoscevano. Ed è così, memore di questa lezione, che una nenia siciliana sancisce lo scorrere del tempo nella suggestiva tenuta dove tutto inizia e tutto idealmente finisce, e passato e futuro si fondono in una danza di straziante bellezza.

Un libro da leggere tutto d’un fiato.

4 commenti

  1. Non ho ancora letto “L’ultimo sposatore”, ma lo farò presto. Essendo “La tenuta dei melograni” il prequel, ora sono curiosissima di sapere come vada a finire la saga. Grazie Paola.

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