Presentazione del romanzo di Edy Di Bonito presso "La Libreria"
É stato presentato presso “La Libreria” di Varcaturo, punto di riferimento imprescindibile per gli amanti della letteratura e delle arti in generale, l’intenso romanzo autobiografico “Il mio viaggio”, di Edy di Bonito, edito da Libereria. Un testo che racconta un percorso di rinascita e di resistenza. “Il mio viaggio” è il racconto di formazione di una donna costretta a un matrimonio riparatore. Si trasferisce in provincia affrontando con difficoltà il suo nuovo ruolo di madre e di casalinga piena di rimpianti per la perduta fanciullezza, cerca di realizzare un futuro diverso mentre il suo matrimonio procede tra alti e bassi. Il suo percorso si interrompe bruscamente a causa di una tragedia che le sconvolgerà la vita per sempre. Ma, come la scrittrice ha spiegato alla promoter culturale Angela Feluca ai microfoni di Stars Webtv, è soltanto una deviazione. Edy rinasce più forte di prima. E consapevole. Si getta nel lavoro e ricomincia a sognare. Nel mezzo, tormenti, passioni e tanti progetti. Una storia in cui ogni donna potrà trovare un frammento della propria esperienza.
L'autrice con Angela Feluca ai microfoni di Stars WebTv
Ciao Edy, benvenuta in questo spazio. Parlaci un po’ di te. Quando e come nasce l’idea del libro?
Ho sempre amato scrivere, per me è una vera passione. Una giovane amica, tre anni fa, conoscendo la mia vita, ha detto: “Edy, perché non racconti la tua storia? È così piena di avvenimenti, così ricca di episodi coinvolgenti! Ci ho rimuginato un po’, e infine mi sono detta: “Perché no”? Mi sono seduta al mio pc ed ho lasciato che i ricordi mi si affollassero nella mente.
Raccontaci in sintesi “il tuo viaggio”.
Il mio viaggio inizia negli anni ‘50 in una Napoli dove i bambini giocavano in strada e mangiavano caldarroste e pannocchie. Si mi trasferisco in provincia dove, appena diciasettenne, divento madre, con tutti i rimpianti di una gioventù perduta. Qui nasce la ribellione verso un matrimonio riparatore e la ferrea volontà di diventare indipendente. La ottengo dopo aver vinto un concorso, affrontando il nord e il freddo di una Trieste ventosa e asburgica. Tutto questo con i due figli al seguito. Ritorno nella mia Napoli a seguito di pressioni poi, pentita, riprendo il lavoro. Il matrimonio traballa fra alti e bassi, fino a quando una tragedia, la morte di mio figlio Flavio, cementa la separazione. Qui iniziano anni di tormenti e di dolore immenso, che cerco di sopportare attorniandomi di amici e stringendomi alle mie figliole fino a ubriacarmi di stanchezza. Mi stordisco cambiando continuamente amministrazioni pubbliche, tra cui l’Avvocatura dello Stato e il Tribunale. Nel contempo, vivo una storia di passione per assaporare l’ adolescenza perduta. In questi anni mi capitano due gravi episodi di stalking, uno di queste ad opera di una coppia malata che viene rinviata a giudizio. Nel libro, descrivo tutta la trafila giuridica contro la coppia e l’aiuto incredibile ricevuto sotto copertura da un possente falco. Continuo il percorso con uno straordinario viaggio in Africa, in cui descrivo minuziosamente abitudini e incontri ravvicinati nello Tsavo Est, nella sperduta savana con guide, un tempo cacciatori, e con le stelle che stanno a guardare. Alla fine, l’incontro con la politica, che mi ha regalato emozioni e gioie profonde.
In questo romanzo, come accennato, tu affronti anche la violenza di genere, che può prendere tante forme e sfumature. Quanto ancora dobbiamo e possiamo fare come società per tutelare le donne in un momento storico a loro tanto avverso?
Alle giovani donne che si trovano a dover affrontare il terrore che viene da uno stalker, dico di ascoltare immediatamente i primi segnali che l’uomo che dice di amarti fa trapelare. “Tu sei mia” è un primo allarme. Mai confondere una sana gelosia con il possesso. Se ti chiede di non lavorare, di non parlare con le amiche, se ti impedisce velatamente di stare con la tua famiglia, se ti dice che senza di te non può vivere, e poi ti schiaffeggia alla prima ribellione, SCAPPA. Non arrivare alle estreme conseguenze. Lui NON TI AMA. Amare è fare stare bene l’altro, è condividere affetti e interessi, non tarpare le ali. Il tuo lui ha solo bisogno di affermare il suo potere narcisista ed egoistico. Denuncia, anche se molto spesso non sempre siamo aiutate. Bisogna parlare con la famiglia, con gli amici, creare una sorta di rete di protezione. Io ho trovato un angelo in un piccolo ufficio di polizia. Chissà che non possa capitare a qualche altra donna in difficoltà.
Nel tuo libro, descrivi bene Napoli che fu e le tradizioni di una volta. Che ricordo hai della tua infanzia? Che cosa vorresti dire ai giovani?
La Napoli degli anni Cinquanta ha lasciato dentro di me ricordi indelebili e meravigliosi che ancora oggi mi riempiono il cuore. Il presepe fatto con pastori a volte rotti e incollati tirati fuori dai grossi bauli che si trovavano sotto quei letti alti e scomodi, il Capodanno con i fuochi e i famosi tric trac, la bellissima Piedigrotta con i suoi carri colorati, e le passeggiate nelle spiagge libere dove bastava uno sgangherato ombrellone e bottiglie di plastica con l’acqua che diventava calda e un po’ di pane con il pomodoro per farti felice. Cosa vorrei dire ai giovani? Andate dai vostri nonni, e fatevi raccontare tutte le bellezze delle tradizioni, trasportandole nel presente con un pizzico di modernità per non cancellarne la storia.
In questo libro, si ride anche tanto. Ci vuoi raccontare qualche aneddoto che ti è rimasto nel cuore?
Ero a Trieste. Lavoravo in un ufficio postale, la succursale 17, in via Caboto, zona industriale. Anno 1978. In una fredda mattinata di gennaio, mi apprestavo ad attraversare la strada, tutta rinchiusa nel mio ridicolo cappottino bianco, quando mi sento fischiare: “Ehi, signorina, dico a lei”. Mi giro e vedo un vigile urbano, vestito di tutto punto alle 7,30 del mattino, con casco, guanti e divisa nera che mi faceva cenno di fermarmi. Pensai: “Ma che vuole questo qui?” Continuai ad attraversare la strada, ma lui mi fischiava più di prima. Mi fa: “Signorina, lei sta attraversando con il rosso”. Lo guardai con gli occhi spalancati. Dentro di me dissi: “Chist è tutt scem”. Invece, gli risposi: “Con il rosso? E mica ho la macchina!! Non lo vede che sono a piedi?” E lui: “Ah, lei viene da Napoli, vero? Non lo sa che qui si rispetta il codice della strada? E non mi offra il caffè che non me lo prendo”. Ed io sorniona e sfacciata, inizio a recitare: “Su, la prego, non mi faccia la multa, io non lo sapevo. Le posso offrire un caffe?” Mi guardò e disse: “Non riesco a resistere a un napoletano!” E tra me e me: “E t’agg fatt!”
A proposito del titolo, raccontaci il tuo viaggio indimenticabile.
La mia amica Daniela, milanese, offrì a me e al mio lui un pacchetto per l’Africa. Partii felice alla scoperta di un mondo tutto nuovo per me. A Mombasa mi accolse un calore strano, come un phon che si infilava sotto i pantaloni. E quell’odore di patate lesse che aleggiava nell’aria. Il villaggio di Malindi, Kenia, era gestito da milanesi. Il pomeriggio prendevamo il thè sotto tendoni bianchi enormi seduti su colorati cuscini e la sera di benvenuto eravamo accolti da giovani masai dalle lunghe tuniche rosse ed i capelli legati da fittissime treccine cosparse di argilla rossa, mentre altri giovani saltatori incedevano a passo lento tenendo fra le gambe tamburi africani rivestiti di fili colorati suonando prima lentamente e poi ossessivamente , suoni tribali che ti ipnotizzavano. E poi la scoperta del mare che si era ritirato e la paura di attraversarlo con le alghe marroni e viscide sotto i piedi per poter raggiungere gli isolotti vicini e tuffarsi nel paradiso. E quando arrivò la proposta di trascorrere una settimana nel deserto dello Tsavo est, facendo safari fuori pista con ex cacciatori, ci fiondammo immediatamente. Io mi ero seduta sul tetto della Land Cruiser per osservare la terra rossa che mi veniva incontro. Ci ritrovammo in un campo militare allestito con tende, senza luce e senza acqua, se non con qualche scorta che i due accompagnatori milanesi e le guide avevano portato. E la prima notte a dormire su una brandina militare, con la terra sotto i piedi e la paura di qualche serpente. Di notte si facevano escursioni sui greti del fiume, dove enormi coccodrilli nuotavano con la bocca semiaperta e gli occhi di fuoco, altre volte con flash individuavamo animali notturni che giravano nella savana, mentre da lontano sentivamo le urla dei felini. Di giorno incontri ravvicinati di giaguari e in lontananza leoni ed elefanti. Il nostro era un safari fuori pista, quindi molto più suggestivo e naturale di quelli organizzati nei lodge. Di notte le guide cucinavano in una sorta di grande valigia posta in una buca, accendevano il fuoco con rametti e foglie secche , una roba incredibile, e poi il bagliore caldo delle lampade ad olio e l’universo pieno di stelle luminose che ti venivano addosso e tu hai la sensazione che il cielo ti abbracci tutta. Niente foto alle anziane del villaggio, loro pensano che puoi rubarti la loro anima, ma io ho comunque tanto materiale fotografico e ricordi meravigliosi. Quando vedi capanne di fango con tetti di foglia, e bus sconquassati carichi di passeggeri, donne che stringono i bambini al petto e al collo nel loro kanga, il telo africano che li sorregge, attendere tranquille il passaggio dei bus anche per ore, tra buche sconquassate e senza segnali stradali, ti chiedi perché vivi in una corsa contro il tempo, mentre loro ti guardano e ti sorridono sereni vivendo una realtà senza tempo. Il famoso mal d’Africa. Stelle cadenti, animali liberi, e il tempo che si ferma.
Tre motivi per leggere questo romanzo?
La voglia di indipendenza e di riscatto. La lotta contro una società maschilista che non sempre difende le donne oggetto di persecuzioni. La ricerca della novità, la curiosità, la ricerca di emozioni dopo aver subito una tragedia immane che ti può far soccombere, ma che attraverso questi cambiamenti che tu persegui, possono far rifiorire di nuovo la tua vita, superando con grandissima difficoltà ostacoli che puoi affrontare solo se decidi di saltare, di continuare a volare, anche se non vuoi, ma che intorno a te questi cambiamenti si fanno sentire e tu ricominci a respirare, anche se ti senti velata di malinconia. Niente sarà più come prima, ma l’augurio che io faccio alle donne che leggeranno il testo e che magari si rivedranno nella mia storia è questo: che la loro seconda vita possa avere una pacata serenità, con la consapevolezza di aver avuto il coraggio di andare avanti, nonostante tutto.
Prossimi progetti editoriali e non?
Scrivere è la mia passione. Ma deve arrivare il momento. Sono una che vive di emozioni. Appena mi arriva una, scriverò un altro romanzo. Per il momento desidererei portare la mia storia nelle scuole superiori o universitarie perché tocca temi come il lavoro al nord di noi donne, e con i sacrifici che purtroppo si devono fare in un contesto, quello attuale, in cui il lavoro scarseggia, e quindi ti devi adattare con spirito di sacrificio, perché nulla ti viene regalato, e poi vorrei affrontare il tema degli stalker che è molto attuale per supportare giovani ragazze in difficoltà. Alle mamme e ai papà che hanno subito una tragedia, vorrei infondere forza e coraggio incitandoli ad andare avanti senza fermarsi. É dura, lo so, ma si può. Un passo alla volta.
Grazie Edy! Ad maiora.